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UN ESEMPIO DI DE-FORMULAZIONE DI COMPOUND

È esigenza comune per chi si occupa di compound termoplastici, sia in ambito di controllo qualità che in ambito di ricerca e sviluppo, riuscire a conoscere quale sia (pur con diversi gradi di precisione e approssimazione) la composizione (o formulazione) di un compound “ignoto” (cioè con composizione non nota).
Questa necessità può, per esempio, essere legata ad una contestazione dove si deve analizzare una parte prodotta per valutarne la conformità compositiva (cioè comprendere se la parte è effettivamente prodotta con il materiale fornito / specificato) o per verificare che in un materiale sia (o meno) presente qualcosa che dovrebbe (o non) essere incluso nella formulazione.
Altro ambito in cui è di interesse la valutazione compositiva di un compound ignoto è, come detto, quello dello sviluppo prodotto, in specifico nella definizione di formulazioni di compound sempre più complesse e mirate: in questo ambito infatti ci si confronta spesso con materiali di vari produttori la cui composizione non è ovviamente nota (o almeno non lo è ad un livello sufficientemente dettagliato per gli scopi di sviluppo prodotto).
Valutare quale sia la composizione di materiali che sono, per esempio, riferimento di mercato è infatti di notevole importanza per lo sviluppo ed il miglioramento di formulazioni dedicate a specifiche applicazioni o settori applicativi.
Quella che possiamo definire la de-formulazione di un compound a base polimerica è chiaramente legata in maniera diretta e immediata a quelle che sono le analisi identificative dei materiali polimerici (https://rdlab137.it/it/2019-06-06-09-01-40/la-carta-di-identita-di-un-materiale-polimerico.html).
Bisogna anche aggiungere che il “mondo” delle analisi identificative (e non solo quelle specifiche per i materiali polimerici) è estremamente esteso e include una varietà di tecniche, e combinazioni di tecniche, decisamente vasto.
Detto questo è evidente che è necessario valutare da quali analisi partire per comprendere la composizione di un compound e, sulla scorta dei risultati via via ottenuti sul materiale oggetto di analisi, valutare come procedere (cioè quali eventuali ulteriori tecniche di analisi mirate considerare): è dunque da definire un piano di analisi con una sequenza (logica e cronologica) delle analisi da condurre.
È chiaro che, se si hanno indicazioni di sorta, seppur di massima, sul materiale ignoto da analizzare (per esempio derivanti da una scheda tecnica o di sicurezza), queste possono per lo meno aiutare a definire quali analisi considerare inizialmente: se per esempio il materiale contiene, o dovrebbe contenere, PTFE un’analisi che valuti il contenuto di fluoro e/o una TGA può sicuramente essere indicata sin dall’inizio.
Generalmente è anche vero che una sola tecnica di analisi non è praticamente mai sufficiente a individuare una composizione di massima del materiale e, come accennato, una combinazione di tecniche è sostanzialmente necessaria.
Come esempio di de-formulazione consideriamo ora il caso di un compound di composizione ignota identificato in maniera del tutto generica come “materiale con alta resistenza all’usura”, cioè un materiale con proprietà tribologiche, di cui è stata richiesta una valutazione della formulazione.
Come analisi di partenza sono state considerate la DSC (calorimetria a scansione differenziale) e la spettroscopia infrarossa (FT-IR).

Nota: per compound basati su polimeri termoplastici queste due analisi sono sicuramente tra quelle di “base” da considerare praticamente sempre in prima battuta (https://rdlab137.it/it/laboratorio/analisi-termica.html ; https://rdlab137.it/it/laboratorio/spettroscopia.html ).

Il termogramma DSC del materiale ignoto è di seguito riportato (Figura 1):

Immagine01 Esempio deformulazione compound

Figura 1 -  Termogramma DSC. Prova condotta in azoto con rampa riscaldamento 20K/minuto da 20°C a 360°C.

Si notano chiaramente due fenomeni endotermici corrispondenti alla fusione di due polimeri termoplastici presenti nel materiale: sulla base delle temperature di fusione si può ragionevolmente supporre che si tratti di Poliammide 66 e PTFE rispettivamente.
Questa supposizione viene confermata dalla spettroscopia infrarossa: dallo spettro FT-IR del materiale si evidenziano infatti la presenza di picchi associabili in maniera chiara alla Poliammide 66 (Figura 2a) e al PTFE (Figura 2b) nonché degli ulteriori picchi specifici associabili al silicone (Figura 2c).
Nota: il silicone (in genere ad alto peso molecolare) è spesso utilizzato, in percentuali che usualmente vanno dall’uno al tre percento in peso, in combinazione con il PTFE nei compound tribologici su base Poliammide 66.

Immagine02 Esempio deformulazione compound

Figura 2a - Spettro FT-IR del compound (blu) e di una Poliammide 66 standard (spettro rosso). È evidenziata (riquadro verde) la zona dei picchi specifici della Poliammide 66. 

Immagine03 Esempio deformulazione compound

Figura 2b -Spettro FT-IR del compound (viola) e di un PTFE standard (spettro rosso). È evidenziata (ingrandimento sotto riportato) la zona dei picchi specifici del PTFE.

Immagine04 Esempio deformulazione compound

Figura 2c - Spettro FT-IR del compound (viola) e di un silicone ad alto peso molecolare (spettro rosso). È evidenziata (ingrandimento sotto riportato) la zona dei picchi specifici del silicone.

A questo punto abbiamo già una serie di informazioni sulla composizione del materiale (polimero di base e possibili additivi) ma per meglio quantificare i componenti è stata considerata anche la TGA (analisi termogravimetrica).
La TGA conferma la presenza di PTFE (e fornisce un’indicazione sulla quantità di PTFE): nel termogramma (Figura 3) si notano infatti due picchi di decomposizione molto netti, attribuibili alla Poliammide 66 e al PTFE.
Il secondo picco (quello attribuibile al PTFE) ci permette anche di avere un’idea della quantità in peso di PTFE presente del compound (circa 18-19% in peso).
Risulta inoltre chiaramente presente anche un residuo inorganico (pari al 40% in peso circa). 

Immagine05 Esempio deformulazione compound

Figura 3 - Termogramma TGA. Prova condotta in azoto con rampa riscaldamento 20K/minuto da 20°C a 800°C.

In aggiunta alle analisi descritte è stata considerata l’analisi SEM-EDX (microscopia elettronica a scansione con sonda EDX, https://rdlab137.it/it/laboratorio/microscopiaelettronica-sem-edx.html) che ha permesso di valutare con maggior precisione la tipologia di carica/rinforzo presente e confermare la presenza di PTFE e silicone.

Si nota in fatti dalle immagini al microscopio elettronico (Figura 4) la presenza di fibre che, in base agli elementi (quali per esempio silicio, calcio, alluminio) evidenziati dalla microanalisi degli elementi (mappatura elementi a sinistra), risultano essere fibre di vetro. Questa valutazione è inoltre coerente con un residuo inorganico determinato dalla TGA.
Di queste fibre è possibile anche avere un’idea (misurazioni a destra) del diametro e, seppur con maggior incertezza, della lunghezza (post processo di estrusione e stampaggio ad iniezione del compound).

Immagine06 Esempio deformulazione compound

Figura 4 - Immagini SEM-EDX; mappatura degli elementi (sinistra) e analisi dimensionale (puntuale), morfologica effettuata su provino del compound di composizione ignota.

Si rileva inoltre sia fluoro (presente nel PTFE) che silicio (presente sia nella fibra di vetro che nel silicone). Nota: la quantità elevata di fluoro misurata pare ragionevolmente dovuta al fatto che il spesso PTFE, in questo tipo di compound, tende a concentrarsi nella zona superficiale della parte (o del provino).

Tabella microanalisi degli elementi:

Immagine07 Esempio deformulazione compound

A complemento di queste analisi è stata da ultimo misurata anche la densità del materiale che permette in maniera semplice ma efficace di confermare un’idea di massima della composizione del compound.
Ipotizzando infatti, dai risultati delle analisi effettuare, una composizione tipo PA66 + 40% fibra vetro + 18% PTFE +2% silicone si ottiene una densità calcolata pari a 1.63 g/cm3, in ottimo accordo con quella misurata (1.62 g/cm3).

La combinazione delle analisi effettuate ha quindi permesso di definire con buona approssimazione la composizione del compound ignoto oggetto di studio.

RDLab137 può supportare nella definizione delle analisi e nell’interpretazione dei risultati per la valutazione della composizione di compound ignoti.

Ing. Luca Ciceri- RDLAB137 srl
Ultima revisione 13/01/2025

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